Sonica, una maternità oltre le specie

Sonica è una capretta dolcissima che ci ha stravolto letteralmente l’esistenza. Arrivata ad Ippoasi nell’estate 2025, è scampata per miracolo ad una morte terribile: straziata da un attacco di cani nel suo gregge, non è morta per via delle ferite, delle infezioni invase dalle larve di mosca, delle difficoltà di vivere le prime settimane senza il latte materno e le cure della sua famiglia di sangue.
Quando abbiamo deciso di accoglierla non avremmo mai pensato di poter parlare di lei come facciamo oggi: sono passati ormai tre mesi, quasi quattro, e Sonica sta abitando un corpo disabilizzato, piccolo piccolo, imperfetto e rotto con tutta l’ostinazione di cui è capace. Ha superato le prime giornate con noi, che siamo diventate le sue madri a tutti gli effetti, e abbiamo fatto del nostro meglio per garantirle tutto ciò di cui ha bisogno. Ha affrontato le settimane più complesse e delicate con rabbia di vivere, curiosità e gioia, legandosi a noi come figure di riferimento e rassicurazione.
Avevamo allattato, prima di lei, moltissime altre cucciole non umane: agnelli, bovine… ma mai una capretta orfana! L’emozione che si sperimenta è travolgente e sfaccettata. Si è creata con lei una sorta di simbiosi oltre le specie. Sonica ha trascorso ogni giorno al rifugio, perlopiù nel lazzaretto, dove si è affacciata al futuro che l’attende, con compagne caprine come Dino, Saura e altre. Durante i momenti di pausa o la notte, invece, Sonica vive con noi, a casa Ippoasi, facendoci attraversare tutte le fasi di una maternità entusiasmante e a tratti profondamente stancante ed estenuante. Quando, per esempio, ha smesso di dormire nel lettone con noi e abbiamo finalmente potuto accomodarla in una cuccia sul pavimento, l’emozione è stata fortissima.
Nel lavoro di cura, in effetti, i piccoli grandi traguardi vanno celebrati come meritano. Un altro grande cambiamento per Sonica è l’introduzione nella sua routine quotidiana di molto più tempo ad Ippoasi, grazie a nuove figure volontarie, le persone “goat sitter”, che trascorrono con lei (per ora) le pause pranzo di più giornate possibili, per smarcare chi abita con lei e permetterle di abituarsi sempre di più alla vita che l’aspetta al rifugio.